RELAZIONE ATTIVITA' ANNO 2024

Nell'anno 2024 il nostro Centro ha visto nascere otto bambini, per un totale di 358 nuove vite aiutate a nascere dal 1982, anno di apertura della sede.
La nostra utenza quest'anno è stata complessivamente di 66 donne:
10 gestanti.
56 donne non gestanti, con figli fino ai tre anni, assistite con varie forme di aiuto.
Presso lo sportello per la vita nascente presso l'Ospedale Castelli anche quest’anno non abbiamo avuto nessuna segnalazione da parte dell’ASL.
Venuta meno la disponibilità della Casa della Missione di Intra come sede dell’Associazione, a giugno siamo stati costretti a traslocare a Pallanza presso l’ex casa parrocchiale della Parrocchia San Bernardino e Maria Immacolata. Purtroppo la casa è in vendita, per cui la sede operativa rimane provvisoria e si rende urgente la ricerca di una sede definitiva.
Dal giugno 2024 abbiamo pertanto dovuto ridurre gli aiuti in abbigliamento, limitandoci a tenere il necessario per gestante, neonato e bambino fino ai 3-4 anni e inviando gli utenti oltre questa età ad altre associazioni che si occupano di abbigliamento usato.
Oltre ai corredini forniti ai neonati (con integrazioni ad ogni cambio di taglia), abbiamo in ogni caso fornito abbigliamento a 160 bambini fino ai 14 anni.
In diversi casi abbiamo procurato mobili e elettrodomestici usati che ci sono stati donati, biancheria, oggetti per la casa ecc.
Abbiamo aiutato sette famiglie in difficoltà economica documentata nel pagamento di affitti, bollette e altre spese urgenti.
Abbiamo fornito pannolini, materiale per l’igiene del neonato e del bambino, latte in polvere, alimenti per lo svezzamento, farmaci pediatrici da banco, oggetti di puericultura pesante, biancheria per carrozzina e lettino e abbigliamento per gestante nelle situazioni in cui la famiglia non era in grado di provvedere all’acquisto.
Durante la Giornata della Vita 2024 sono state raccolte offerte per € 12.334,20. Ringraziamo di cuore tutti i benefattori e i sacerdoti delle Parrocchie che hanno aderito all'iniziativa.
Anche quest’anno il progetto “Infarmacia per i bambini”, in collaborazione con l'Associazione Francesca Rava e con il prezioso supporto della farmacia “Giussani” di Pallanza, ci permette di distribuire farmaci pediatrici da banco ai nostri piccoli utenti.
Abbiamo partecipato all’iniziativa “Una domenica da record”, che ha visto la collaborazione di 25 associazioni verbanesi che nel pomeriggio di domenica 19 maggio 2024 hanno gestito la realizzazione del disegno e del panino alla nutella più lunghi del mondo. All’iniziativa hanno partecipato circa 1.200 bambini.
Un ringraziamento particolare va alle volontarie che seguono le utenti, a chi riordina i magazzini, a chi si occupa dello spostamento dei mobili e degli oggetti di puericultura pesante, a chi ha partecipato all’organizzazione e alla realizzazione dei vari progetti e delle attività nella giornata per la vita.
A tutti i volontari, ai soci, ai benefattori e a quanti pregano per l'attività del Centro auguro di cuore anche per questo nuovo anno buon lavoro per la vita.

Verbania, 23 gennaio 2025
La Presidente
Laura Cristofari
Come arrivare

47a GIORNATA DELLA VITA - MESSAGGIO C.E.I.

«Trasmettere la vita, speranza per il mondo. “Tu sei indulgente con tutte le cose, perché sono tue, Signore, amante della vita”. (Sap 11, 26)».

Pubblichiamo il Messaggio per la 47ª Giornata Nazionale per la Vita, che si celebrerà il 2 febbraio 2025 sul tema «Trasmettere la vita, speranza per il mondo. “Tu sei indulgente con tutte le cose, perché sono tue, Signore, amante della vita”. (Sap 11, 26)».

Celebriamo la 47ª Giornata Nazionale per la Vita nel contesto del Giubileo: tale coincidenza ci sollecita ad assumere l’orizzonte della speranza, poiché è nel segno della speranza che la Bolla di indizione Spes non confundit (SnC) invita tutta la Chiesa a vivere l’anno di grazia del Signore.

1. Perché credere nel domani?
Come nutrire speranza dinanzi ai tanti bambini che perdono la vita nei teatri di guerra, a quelli che muoiono nei tragitti delle migrazioni per mare o per terra, a quanti sono vittime delle malattie o della fame nei Paesi più poveri della terra, a quelli cui è impedito di nascere? Questa grande “strage degli innocenti”, che non può trovare alcuna giustificazione razionale o etica, non solo lascia uno strascico infinito di dolore e di odio, ma induce molti – soprattutto i giovani – a guardare al futuro con preoccupazione, fino a pensare che non valga la pena impegnarsi per rendere il mondo migliore e sia meglio evitare di mettere al mondo dei figli.

2. Si può fare a meno della speranza?
Gli esiti di tali atteggiamenti, umanamente comprensibili, pongono numerosi interrogativi.
Quale futuro c’è per una società in cui nascono sempre meno bambini? La scelta di evitare i problemi e i sacrifici che si accompagnano alla generazione e all’educazione dei figli, come la fatica a dare sufficiente consistenza agli investimenti di risorse pubbliche per la natalità, renderanno davvero migliore la vita di oggi e di domani?
Il riconoscimento del “diritto all’aborto” è davvero indice di civiltà ed espressione di libertà? Quando una donna interrompe la gravidanza per problemi economici o sociali (le statistiche dicono che sono le lavoratrici, le single e le immigrate a fare maggior ricorso all’IVG) esprime una scelta veramente libera, o non è piuttosto costretta a una decisione drammatica da circostanze che sarebbe giusto e “civile” rimuovere?
Quale futuro c’è per un mondo dove si preferisce percorrere la strada di un imponente riarmo piuttosto che concentrare gli sforzi nel dialogo e nella rimozione delle ingiustizie e delle cause di conflitto? La logica del “se vuoi la pace prepara la guerra” riuscirà a produrre equilibri stabili e armonia tra i popoli e tra gli stati, oppure, come spesso è accaduto in passato, le armi accumulate – al servizio di interessi economici e volontà di potenza – finiranno per essere usate e produrre morte e distruzione?
Abbandonare uno sguardo di speranza, capace di sostenere la difesa della vita e la tutela dei deboli, cedendo a logiche ispirate all’utilità immediata, alla difesa di interessi di parte o all’imposizione della legge del più forte, conduce inevitabilmente a uno scenario di morte.

3. La trasmissione della vita, segno di speranza
La speranza si manifesta in scelte che esprimono fiducia nel futuro; ciò vale non solo per le nuove generazioni: “Guardare al futuro con speranza equivale ad avere una visione della vita carica di entusiasmo da trasmettere” (SnC 9). Una particolare espressione di fiducia nel futuro è la trasmissione della vita, senza la quale nessuna forma di organizzazione sociale o comunitaria può avere un domani. In quanto credenti, riconosciamo che “l’apertura alla vita con una maternità e paternità responsabile è il progetto che il Creatore ha inscritto nel cuore e nel corpo degli uomini e delle donne, una missione che il Signore affida agli sposi e al loro amore” (ibid.) Tutti condividiamo la gioia serena che i bambini infondono nel cuore e il senso di ottimismo dinanzi all’energia delle nuove generazioni. Ogni nuova vita è “speranza fatta carne”. Per questo siamo vivamente riconoscenti alle tante famiglie che accolgono volentieri il dono della vita e incoraggiamo le giovani coppie a non aver timore di mettere al mondo dei figli.
È urgente “rianimare la speranza” in questo particolare campo dell’esistenza umana, tanto decisivo per l’avvenire: “il desiderio dei giovani di generare nuovi figli e figlie, come frutto della fecondità del loro amore, dà futuro a ogni società ed è questione di speranza: dipende dalla speranza e genera speranza” (SnC 9).

4. Pochi figli, troppi “pets”
Nel nostro Paese, come in molti altri dell’occidente e del mondo, si registra da anni un costante calo delle nascite, che preoccupa per le ricadute sociali ed economiche a lungo termine; alcune indagini registrano anche un vistoso calo del desiderio di paternità e maternità nelle giovani generazioni, propense a immaginare il proprio futuro di coppia a prescindere dalla procreazione di figli. Altri studi rilevano un preoccupante processo di “sostituzione”: l’aumento esponenziale degli animali domestici, che richiedono impegno e risorse economiche, e a volte vengono vissuti come un surrogato affettivo che appare assai riduttivo rispetto al valore incomparabile della relazione con i bambini.
Tutto ciò è in primo luogo il risultato di una profonda mancanza di fiducia, che invece costituisce l’ingrediente fondamentale per lo sviluppo della persona e della comunità; esso viene pregiudicato dall’angoscia per il futuro e dalla diffidenza verso le persone e le istituzioni. La “perdita del desiderio di trasmettere la vita” ha anche altre cause: “ritmi di vita frenetici, timori riguardo al futuro, mancanza di garanzie lavorative e tutele sociali adeguate, modelli sociali in cui a dettare l’agenda è la ricerca del profitto anziché la cura delle relazioni” (ibid.).

5. La rinuncia ad accogliere la vita
Dobbiamo poi constatare come alcune interpretazioni della legge 194/78, che si poneva l’obiettivo di eliminare la pratica clandestina dell’aborto, nel tempo abbiano generato nella coscienza di molti la scarsa o nulla percezione della sua gravità, tanto da farlo passare per un “diritto”, mentre “la difesa della vita nascente è intimamente legata alla difesa di qualsiasi diritto umano. Suppone la convinzione che un essere umano è sempre sacro e inviolabile, in qualunque situazione e in ogni fase del suo sviluppo” (Dignitas infinita 47).
Per di più, restano largamente inapplicate quelle disposizioni (cf. art. 2 e 5) tese a favorire una scelta consapevole da parte della gestante e a offrire alternative all’aborto. Occorre pertanto ringraziare e incoraggiare quanti si adoperano “per rimuovere le cause che porterebbero all’interruzione volontaria di gravidanza […] offrendo gli aiuti necessari sia durante la gravidanza che dopo il parto” (L. 194/78, art. 5), come i Centri di Aiuto alla Vita, che in 50 anni di attività in Italia hanno aiutato a far nascere oltre 280.000 bambini.

6. Genitori nonostante tutto
Va infine considerato un altro fenomeno sempre più frequente, quello del desiderio di diventare genitori a qualsiasi costo, che interessa coppie o single, cui le tecniche di riproduzione assistita offrono la possibilità di superare qualsiasi limitazione biologica, per ottenere comunque un figlio, al di là di ogni valutazione morale.
Osserviamo innanzitutto che il desiderio di trasmettere la vita rimane misteriosamente presente nel cuore degli uomini e delle donne di oggi. Le persone che avvertono la mancanza di figli vanno accompagnate a una generatività e a una genitorialità non limitate alla procreazione, ma capaci di esprimersi nel prendersi cura degli altri e nell’accogliere soprattutto i piccoli che vengono rifiutati, sono orfani o migranti “non accompagnati”.
Questo ambito richiede una più puntuale regolamentazione giuridica, sia per semplificare le procedure di affido e adozione che per impedire forme di mercificazione della vita e di sfruttamento delle donne come “contenitori” di figli altrui.

7. L’impegno di tutti per la vita
L’impegno per la vita interpella innanzitutto la comunità cristiana, chiamata a fare di più per la diffusione di una cultura della vita e per sostenere le donne alle prese con gravidanze difficili da portare avanti. La Chiesa deve anche promuovere “un’alleanza sociale per la speranza, che […] lavori per un avvenire segnato dal sorriso di tanti bambini e bambine che vengano a riempire le ormai troppe culle vuote in molte parti del mondo” (SnC 5). Un’alleanza sociale che promuova la cultura della vita, mediante la proposta del valore della maternità e della paternità, della dignità inalienabile di ogni essere umano e della responsabilità di contribuire al futuro del Paese mediante la generazione e l’educazione di figli; che favorisca l’impegno legislativo degli stati per rimuovere le cause della denatalità con politiche familiari efficaci e stabili nel tempo; che impegni ogni persona di buona volontà ad agire per favorire le nuove nascite e custodirle come bene prezioso per tutti, non solo per i loro genitori. Tale alleanza può e deve essere inclusiva e non ideologica, mettendo insieme tutte le persone e le realtà sinceramente interessate al futuro del Paese e al bene dei giovani: se la questione della natalità dovesse diventare la bandiera di qualcuno contro qualcun altro, la sua portata ne risulterebbe svilita e le scelte relative sarebbero inevitabilmente instabili, soggette a cambi di maggioranza o agli umori dell’opinione pubblica.

8. L’aiuto di Dio, “amante della vita”
La Scrittura ci presenta un Dio che ama la vita: la desidera e la diffonde con gioia in molteplici e sorprendenti forme nell’universo da lui creato e sostenuto nell’esistenza; ama in modo particolare gli esseri umani, chiamati a condividere la dignità filiale e ad essere partecipi della stessa vita divina. Confidiamo pertanto nella grazia particolare di questo anno giubilare, che porta il dono divino di “nuovi inizi”: quelli che il perdono offre a chi è prigioniero del suo peccato; quelli che la giustizia porta a chi è schiacciato dall’iniquità; quelli che la speranza regala a chi è bloccato dalla disillusione e dal cinismo.

Roma, 24 settembre 2024

Il Consiglio Episcopale Permanente
della Conferenza Episcopale Italiana
Come arrivare
 Fonte di questo post
Pubblichiamo il Messaggio che il Consiglio Episcopale Permanente della CEI ha preparato per la 44ª Giornata Nazionale per la Vita che si celebrerà il 6 febbraio 2022 sul tema «Custodire ogni vita. “Il Signore Dio prese l’uomo e lo pose nel giardino di Eden, perché lo coltivasse e lo custodisse” (Gen 2,15)».

Al di là di ogni illusione di onnipotenza e autosufficienza, la pandemia ha messo in luce numerose fragilità a livello personale, comunitario e sociale. Non si è trattato quasi mai di fenomeni nuovi; ne emerge però con rinnovata consapevolezza l’evidenza che la vita ha bisogno di essere custodita. Abbiamo capito che nessuno può bastare a sé stesso: “La lezione della recente pandemia, se vogliamo essere onesti, è la consapevolezza di essere una comunità mondiale che naviga sulla stessa barca, dove il male di uno va a danno di tutti. Ci siamo ricordati che nessuno si salva da solo, che ci si può salvare unicamente insieme” (Papa Francesco, Omelia, 20 ottobre 2020). Ciascuno ha bisogno che qualcun altro si prenda cura di lui, che custodisca la sua vita dal male, dal bisogno, dalla solitudine, dalla disperazione.

Questo è vero per tutti, ma riguarda in maniera particolare le categorie più deboli, che nella pandemia hanno sofferto di più e che porteranno più a lungo di altre il peso delle conseguenze che tale fenomeno sta comportando.

Il nostro pensiero va innanzitutto alle nuove generazioni e agli anziani. Le prime, pur risultando tra quelle meno colpite dal virus, hanno subito importanti contraccolpi psicologici, con l’aumento esponenziale di diversi disturbi della crescita; molti adolescenti e giovani, inoltre, non riescono tuttora a guardare con fiducia al proprio futuro. Anche le giovani famiglie hanno avuto ripercussioni negative dalla crisi pandemica, come dimostra l’ulteriore picco della denatalità raggiunto nel 2020-2021, segno evidente di crescente incertezza. Tra le persone anziane, vittime in gran numero del Covid-19, non poche si trovano ancora oggi in una condizione di solitudine e paura, faticando a ritrovare motivazioni ed energie per uscire di casa e ristabilire relazioni aperte con gli altri. Quelle poi che vivono una situazione di infermità subiscono un isolamento anche maggiore, nel quale diventa più difficile affrontare con serenità la vecchiaia. Nelle strutture residenziali le precauzioni adottate per preservare gli ospiti dal contagio hanno comportato notevoli limitazioni alle relazioni, che solo ora si vanno progressivamente ripristinando.

Anche le fragilità sociali sono state acuite, con l’aumento delle famiglie – specialmente giovani e numerose – in situazione di povertà assoluta, della disoccupazione e del precariato, della conflittualità domestica. Il Rapporto 2021 di Caritas italiana ha rilevato quasi mezzo milione di nuovi poveri, tra cui emergono donne e giovani, e la presenza di inedite forme di disagio, non tutte legate a fattori economici.

Se poi il nostro sguardo si allarga, non possiamo fare a meno di notare che, come sempre accade, le conseguenze della pandemia sono ancora più gravi nei popoli poveri, ancora assai lontani dal livello di profilassi raggiunto nei Paesi ricchi grazie alla vaccinazione di massa.

Dinanzi a tale situazione, Papa Francesco ci ha offerto San Giuseppe come modello di coloro che si impegnano nel custodire la vita: “Tutti possono trovare in San Giuseppe, l’uomo che passa inosservato, l’uomo della presenza quotidiana, discreta e nascosta, un intercessore, un sostegno e una guida nei momenti di difficoltà” (Patris Corde). Nelle diverse circostanze della sua vicenda familiare, egli costantemente e in molti modi si prende cura delle persone che ha intorno, in obbedienza al volere di Dio. Pur rimanendo nell’ombra, svolge un’azione decisiva nella storia della salvezza, tanto da essere invocato come custode e patrono della Chiesa.

Sin dai primi giorni della pandemia moltissime persone si sono impegnate a custodire ogni vita, sia nell’esercizio della professione, sia nelle diverse espressioni del volontariato, sia nelle forme semplici del vicinato solidale. Alcuni hanno pagato un prezzo molto alto per la loro generosa dedizione. A tutti va la nostra gratitudine e il nostro incoraggiamento: sono loro la parte migliore della Chiesa e del Paese; a loro è legata la speranza di una ripartenza che ci renda davvero migliori.

Non sono mancate, tuttavia, manifestazioni di egoismo, indifferenza e irresponsabilità, caratterizzate spesso da una malintesa affermazione di libertà e da una distorta concezione dei diritti. Molto spesso si è trattato di persone comprensibilmente impaurite e confuse, anch’esse in fondo vittime della pandemia; in altri casi, però, tali comportamenti e discorsi hanno espresso una visione della persona umana e dei rapporti sociali assai lontana dal Vangelo e dallo spirito della Costituzione. Anche la riaffermazione del “diritto all’aborto” e la prospettiva di un referendum per depenalizzare l’omicidio del consenziente vanno nella medesima direzione. “Senza voler entrare nelle importanti questioni giuridiche implicate, è necessario ribadire che non vi è espressione di compassione nell’aiutare a morire, ma il prevalere di una concezione antropologica e nichilista in cui non trovano più spazio né la speranza né le relazioni interpersonali. […] Chi soffre va accompagnato e aiutato a ritrovare ragioni di vita; occorre chiedere l’applicazione della legge sulle cure palliative e la terapia del dolore” (Card. G. Bassetti, Introduzione ai lavori del Consiglio Episcopale Permanente, 27 settembre 2021). Il vero diritto da rivendicare è quello che ogni vita, terminale o nascente, sia adeguatamente custodita. Mettere termine a un’esistenza non è mai una vittoria, né della libertà, né dell’umanità, né della democrazia: è quasi sempre il tragico esito di persone lasciate sole con i loro problemi e la loro disperazione.

La risposta che ogni vita fragile silenziosamente sollecita è quella della custodia. Come comunità cristiana facciamo continuamente l’esperienza che quando una persona è accolta, accompagnata, sostenuta, incoraggiata, ogni problema può essere superato o comunque fronteggiato con coraggio e speranza.

“Custodiamo Cristo nella nostra vita, per custodire gli altri, per custodire il creato! La vocazione del custodire non riguarda solamente noi cristiani, ha una dimensione che precede e che è semplicemente umana, riguarda tutti. È il custodire l’intero creato, la bellezza del creato, come ci viene detto nel Libro della Genesi e come ci ha mostrato san Francesco d’Assisi: è l’avere rispetto per ogni creatura di Dio e per l’ambiente in cui viviamo. È il custodire la gente, l’aver cura di tutti, di ogni persona, con amore, specialmente dei bambini, dei vecchi, di coloro che sono più fragili e che spesso sono nella periferia del nostro cuore. È l’aver cura l’uno dell’altro nella famiglia: i coniugi si custodiscono reciprocamente, come genitori si prendono cura dei figli, e col tempo anche i figli diventano custodi dei genitori. È il vivere con sincerità le amicizie, che sono un reciproco custodirsi nella confidenza, nel rispetto e nel bene” (Papa Francesco, Omelia, 19 marzo 2013).

Le persone, le famiglie, le comunità e le istituzioni non si sottraggano a questo compito, imboccando ipocrite scorciatoie, ma si impegnino sempre più seriamente a custodire ogni vita. Potremo così affermare che la lezione della pandemia non sarà andata sprecata.

Roma, 28 settembre 2021

IL CONSIGLIO EPISCOPALE PERMANENTE
DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

Relazione attività 2020

Nell'anno 2020 il nostro Centro ha visto nascere sette bambini, per un totale di 324 nuove vite aiutate a nascere dal 1982, anno di apertura della sede.
La nostra utenza quest'anno è stata complessivamente di 71 donne:
11 gestanti, 3 delle quali dall'anno precedente.
60 donne non gestanti, con figli fino ai tre anni, assistite con varie forme di aiuto.
In diversi casi abbiamo procurato mobili e elettrodomestici usati che ci sono stati donati, biancheria, oggetti per la casa ecc. Oltre ai corredini forniti ai neonati (con integrazioni ad ogni cambio di taglia), abbiamo fornito abbigliamento a 130 bambini. Specifichiamo che nel caso di famiglie numerose cerchiamo di rispondere alle richieste di abbigliamento anche per i bambini più grandi e che il servizio di riciclo abiti si estende ai bambini di famiglie in difficoltà fino a circa 13 anni.
Anche quest'anno il Comune di Verbania ha contribuito alle attività delle associazioni caritative della città, devolvendo una cifra anche al nostro centro.
Abbiamo attivato con l'aiuto della Diocesi il progetto “Quanto vale una vita?” che ci permette di aiutare donne incinte con intenzione di ricorrere all'i.v.g. e famiglie che, pur avendo accettato una gravidanza, si trovino in difficoltà economica. Il progetto comprende aiuti concreti studiati sui singoli casi e un supporto psicologico e medico con la collaborazione di professionisti ove necessario, nei casi in cui non sia possibile rivolgersi alle strutture pubbliche (ad es. perché il consultorio consiglierebbe l'i.v.g., etc.)
Il 31 dicembre 2020 è terminato il progetto “Nuove Vite 2019-2020”, in collaborazione con la Fondazione Comunitaria del VCO, iniziato nel luglio 2019, con il quale abbiamo acquistato quanto necessario a gestanti, neonati e bambini fino ai tre anni di età di famiglie in difficoltà economica. Il progetto ha permesso un supporto psicologico a sette persone in età riproduttiva in caso di post aborto e per altri problemi, per il miglioramento della qualità della vita nei rapporti famigliari e interpersonali.
Durante la Giornata della Vita 2020 sono state raccolte offerte per € 3.117,20. Ringraziamo di cuore tutti i benefattori e i sacerdoti delle Parrocchie che hanno aderito all'iniziativa.
Dei nuovi nati di quest'anno, sappiamo con certezza che tre erano destinati all'aborto volontario. Le tre mamme sono felicissime di avere cambiato idea.
In un momento in cui avere un figlio passa per la maggior parte delle persone per un atto eroico se non incosciente, in cui in tempo di pandemia gli ospedali si sono premurati di poter garantire come attività inderogabile l'”interruzione di gravidanza”, ci pare un risultato apprezzabile, anche se rimane il rimpianto per le situazioni che non ci è stato possibile intercettare.
Per quanto riguarda l'aiuto alle donne che dobbiamo aiutare ad evitare l'aborto, abbiamo appoggiato l'iniziativa “Zainetto per la vita” patrocinato da Federvita Piemonte. Si tratta di contributi erogati a distanza da parte di famiglie e gruppi per evitare che una gravidanza venga interrotta per meri problemi economici. Siamo a disposizione per informazioni e raccolta fondi da destinare all'iniziativa.
Nel mese di marzo, con la chiusura per pandemia, l'attività del Centro ha subito delle modifiche. Inizialmente ci si è limitati a contatti telefonici per indirizzare gli utenti nelle domande per gli aiuti istituzionali. Successivamente, si è deciso di aprire il Centro una volta al mese per poter distribuire gli alimenti per i bambini in fase di svezzamento. Le mamme attendevano fuori, distanziate, e noi distribuivamo i pacchi adeguatamente protette, senza contatti fisici. Abbiamo provveduto all'acquisto di due apparecchi di sanificazione all'ozono, in modo da poter distribuire vestiti ai bambini le cui mamme contavano sul nostro aiuto. Questa attività è potuta riprendere quando hanno riaperto i negozi per bambini. Naturalmente, le mamme non potevano scegliere i capi, ma si accontentavano dei pacchi preparati da noi e sanificati.
Siamo sempre stati reperibili telefonicamente per urgenze.
Come noto, l'Associazione fa parte della Rete di Associazioni verbanesi impegnate in campo sanitario coordinate da Avis Verbania, che si è impegnata nella raccolta fondi per l'emergenza Covid-19. Una volta acquistati i presidi urgenti, la Rete ha deciso di devolvere una parte della raccolta per andare incontro alle esigenze più urgenti di alcune famiglie della zona particolarmente colpite dalla pandemia dal punto di vista economico. La scelta è stata di aiutare famiglie con bambini piccoli nel pagamento di affitti e bollette. L'incarico di gestire questi aiuti è stato affidato al nostro Centro. Sono state aiutate venti famiglie in grave difficoltà economica.
Altro aiuto in tempo di pandemia è provvidenzialmente giunto dal Centro di Servizi per il Territorio, che ha permesso l'acquisto di pannolini, prodotto particolarmente richiesto dai nostri utenti e che siamo sempre costretti a centellinare, in quanto comporta una spesa notevole.
Un ringraziamento particolare va alle volontarie che seguono le utenti, a chi si occupa di riordinare i magazzini e a chi si occupa dello spostamento dei mobili e degli oggetti di puericultura pesante e delle attività nella giornata per la vita.
A tutti i volontari, ai soci, ai benefattori e a quanti pregano per l'attività del Centro auguro di cuore anche per questo nuovo anno buon lavoro per la vita.

È Vita fin dal primo istante del concepimento:

A dirlo non è la Chiesa ma la scienza

Cade la frontiera del 14° giorno per l’inizio della vita nel grembo materno e anche tutta l’impalcatura della provetta, dell’utero in affitto, della pillola del giorno dopo…Uno studio realizzato in America rileva che l’embrione umano è in grado di auto-organizzarsi autonomamente secondo un piano di sviluppo ordinato anche in assenza di segnali esterni.

Nel lontano 1984 la Commissione d’inchiesta inglese Human Fertilisation and Embryology concluse i suoi studi, cominciati due anni prima, sulla sperimentazione degli embrioni umani. Emanò un rapporto, il famoso rapporto Warnock, dal nome della sua presidente Mary Warnock una pedagogista e filosofa del Regno Unito. Eravamo nel luglio del 1984 e il Rapporto della Commissione di Inchiesta sulla Fecondazione ed Embriologia, appunto il Rapporto Warnock, stabilì che prima del quattordicesimo giorno dal momento della fecondazione l’embrione non può essere considerato un individuo biologico. Le motivazioni addotte riguardano il fatto che solo al 14° giorno si ha il completamento dell’impianto in utero, cominciato 7 giorni prima, e che solo verso il 14° giorno si evidenzia la comparsa della “linea primitiva” (che indica l’avvenuta differenziazione tra le cellule dell’embrione vero e proprio e le cellule che invece formeranno i tessuti placentari ). Questo Rapporto ha dato origine alla “Human Fertilisation and Embryology Act” del 1990 che disciplina il trattamento della fertilità umana e la sperimentazione con gli embrioni umani. Il suo effetto pratico fu quello di richiedere le licenze per le procedure come la fecondazione in vitro e il divieto per la ricerca che utilizza gli embrioni umani oltre i 14 giorni. Come disse Suzi Leather, ex presidente della Human Fertilisation and Embryology Authority, questo è stato “forse il più grande successo del comitato Warnock, che è riuscito a ottenere un consenso etico condiviso”. Il limite di 14 giorni del piccolo embrione-essere umano sembrava allora una conquista etica, ma in realtà fu l’inizio di una deriva etica impressionante. Da allora sul piccolo embrione è stato fatto di tutto. Infatti se prima dei 14 giorni l’embrione “non è un individuo biologico” (della specie umana) sarà possibile ….costruirlo in provetta, congelarlo, selezionarlo, estrarre da lui le cellule staminali embrionali, impiantarlo in utero, togliere dall’utero quelli in sovrannumero, impedirne l’impianto con la spirale, con la pillola del giorno dopo o dei cinque giorni dopo. L’ultima frontiera, per ora, è l’utero in affitto (chiamata gentilmente e laicamente “gestazione per altri”). Ricordiamo che Mary Warnock, ora 92enne, è stata fatta baronessa del Regno Unito e si sta occupando dal 2008 di eutanasia per le persone con demenza alle quali, secondo lei, dovrebbe essere consentito di scegliere di morire se si sentono “un peso per la loro famiglia o allo Stato”.

Ora però uno studio realizzato alla Rockefeller University di New York e all’Università di Cambridge, pubblicato contemporaneamente su due pubblicazioni di “Nature” e “Nature Cell Biology”, ha cercato di indagare cosa succede nei primi 13 giorni di vita dell’embrione umano, nella fase detta blastocisti, cioè dal concepimento alla fine dell’annidamento nella mucosa uterina della madre (cominciato al 6° / 7° giorno di vita).

Lo studio afferma che l’embrione umano è in grado di auto-organizzarsi autonomamente secondo un piano di sviluppo ordinato anche in assenza di segnali esterni. Cioè che l’embrione “vive”. Inoltre si è visto che ci sono differenze inaspettate tra i modelli animali e gli embrioni umani per quanto riguarda la diversificazione delle linee cellulari, dalle quali dipendono l’organizzazione dei tessuti dipendenti dai geni. E ancora che la ricerca sui… topi non basta assolutamente per avere un’idea della vita umana. Dunque l’embrione umano non è un grumo di cellule (come dicevano i Radicali di Pannella e Bonino al tempo della legalizzazione dell’aborto), né un essere indistinto e informe né un “prodotto del concepimento” come veniva sprezzantemente definito. Sappiamo che queste ingiuste e antiscientifiche definizioni di embrione furono usate per giustificare, secondo l’etica laicista, la fabbricazione in provetta, la pillola del giorno dopo, la spirale, la sperimentazione ecc. In Italia è vietata la ricerca sugli embrioni umani, ma all’estero si fa con un limite alla sperimentazione posto dal 1984 al 14° giorno di vita. Ora con questo nuovo studio bisogna tornare indietro dai 14 giorni, e, come dice “Nature”, è ora di mettersi a ridiscutere quel limite di 14 giorni e spostarlo. La vera scienza l’ha sempre detto, il Magistero della Chiesa Cattolica l’ha sempre sostenuto. Dal concepimento non c’è salto, né trasformazione perché l’embrione umano, come scrisse magistralmente il genetista gesuita Angelo Serra, ha uno sviluppo “continuo, graduale e coordinato”. E pensare che questo ultimo studio pubblicato da “Nature” è il risultato di embrioni coltivati in provetta alla Rockefeller University e a Cambridge, non nel ventre della loro legittima madre, ma su un substrato artificiale. Speriamo che, dopo aver aperto gli occhi, cominci un nuovo rispetto per la vita umana dal suo “vero” inizio.

Tratto da:http://www.puntofamiglia.net/puntofamiglia/2016/05/11/e-vita-fin-dal-primo-istante-del-concepimento-a-dirlo-non-e-la-chiesa-ma-la-scienza/
 Fonte di questo post

Comitato Verità e Vita COMUNICATO STAMPA N. 194 DEL 26 LUGLIO 2017

EUTANASIA EUGENETICA DI STATO ALL’INGLESE: I PIU’ FORTI (MEDICI E GIUDICI) DECIDONO CONTRO LA VOLONTA’ DEI GENITORI CHE PER IL BENE DI CHARLIE GARD E’ MEGLIO CHE MUOIA

Nella vicenda di Charlie Gard, che sta per concludersi nel più tragico e doloroso dei modi si verifica qualcosa di molto strano: un ospedale fa ricorso ai giudici per impedire ai genitori di trasferire il proprio figlio in un ospedale in cui é possibile sottoporlo ad una terapia sperimentale, la sola che in questa situazione poteva offrire al piccolo Charlie qualche possibilità di cura!

Strano perché fino ad oggi i medici hanno fatto ricorso alla Magistratura solo per poter curare i figli quando i genitori impedivano loro di farlo.

Il lungo tempo trascorso, circa sei mesi - metà della stessa vita di Charlie - tra la prima richiesta dei genitori e l’accettazione del consulto con gli esperti, non hanno sicuramente giocato a favore di Charlie, costretto a lottare non solo con la sua rara malattia ma soprattutto con i rimpalli di tecnocrati che hanno voluto imporre le loro scelte ed accusare anche chi la pensa diversamente da loro di scarsa obiettività e di interessi economici personali.

Sia giudici dell'Alta Corte londinese che medici e dirigenti dell'ospedale (in cui Charlie Gard è trattenuto contro la volontà dei genitori) hanno voluto cocciutamente far prevalere le loro egoistiche professionalità e convinzioni ideologiche: di fronte alla gravità della situazione bisognava mettere in atto ogni procedura, anche sperimentale,

Avere una malattia fino ad oggi inguaribile non significa che chi ne è affetto diventi automaticamente incurabile, per cui la cosa migliore è affrettarne la dolce morte ricorrendo ad una sedazione profonda-terminale e sospendendo un supporto vitale qual è la respirazione artificiale, che serve a fornire ossigeno - sia in ospedale che a casa – a centinaia di migliaia di persone che non non possono procurarselo spontaneamente sia in Inghilterra che nel resto mondo.

La sospensione dei supporti vitali (idratazione, alimentazione, respirazione artificiale) è un grave errore, sia dal punto di vista etico che deontologico, è la negazione del compito proprio del medico. Nel caso di Charlie la respirazione artificiale non può essere considerata accanimento terapeutico – come il professore editorialista di Avvenire stamattina ha asserito ad Unomattina estate – perché senza creare pesanti aggravi sta efficacemente svolgendo la sua normale funzione di assicurare l’ossigenazione al piccolo paziente, che “Il team americano e italiano era ancora disponibile a curare Charlie dopo aver visto la risonanza magnetica e l’elettroencefalogramma effettuati la scorsa settimana. Non è cerebralmente morto (e mai lo è stato). Ancora ci risponde, perfino adesso”, ed il cui cuore pulsa regolarmente ed i cui polmoni con l’apporto dell’ossigeno continuano a svolgere la loro naturale funzione.

Purtroppo ciò che abbiamo ripetutamente denunciato in altri nostri comunicati e riflessioni sulle dat, cioè che i medici hanno il potere di influenzare negativamente i genitori sulle scelte terapeutiche per i loro figli presentando solo gli aspetti negativi della situazione clinica senza tenere conto della loro dignità di persona e del loro diritto a vivere nonostante le loro disabilità, si è verificato puntualmente nei genitori di Charlie! La linea eugenetica, che riconosce il diritto di vivere solo a chi ha tutti i canoni dell’efficienza e della produttività, ha prevalso “Si è considerato che i muscoli di Charlie si sono deteriorati fino a un punto che è fondamentalmente irreversibile e, qualora il trattamento funzionasse, la sua qualità della vita non sarebbe quella che vorremmo per il nostro prezioso piccolo bambino. Entrambi hanno concordato che il trattamento sarebbe dovuto iniziare molto prima”.

Se verrà sospesa la ventilazione artificiale Charlie Gard morirà non a causa della sua rara malattia genetica, ma perché dispoticamente i medici ed i giudici l’hanno privato del supporto vitale indispensabile a lui come ad ogni uomo vivente sulla Terra.

Il testo integrale del messaggio del Consiglio Episcopale Permanente per la 40a Giornata nazionale per la vita che si celebra il 4 febbraio 2018. Percorsi: Cei - Famiglia - Vita 21/10/2016 di Redazione Toscana Oggi

Messaggio del Consiglio Episcopale Permanente per la
40a Giornata Nazionale per la Vita
(4 febbraio 2018)

IL VANGELO DELLA VITA, GIOIA PER IL MONDO
“L’amore dà sempre vita”: quest’affermazione di papa Francesco, che apre il capitolo quinto dell’Amoris laetitia, ci introduce nella celebrazione della Giornata della Vita 2018, incentrata sul tema “Il Vangelo della vita, gioia per il mondo”. Vogliamo porre al centro della nostra riflessione credente la Parola di Dio, consegnata a noi nelle Sacre Scritture, unica via per trovare il senso della vita, frutto dell’Amore e generatrice di gioia. La gioia che il Vangelo della vita può testimoniare al mondo, è dono di Dio e compito affidato all’uomo; dono di Dio in quanto legato alla stessa rivelazione cristiana, compito poiché ne richiede la responsabilità.

l Formati dall’Amore
La novità della vita e la gioia che essa genera sono possibili solo grazie all’agire divino. È suo dono e, come tale, oggetto di richiesta nella preghiera dei discepoli: “Finora non avete chiesto nulla nel mio nome. Chiedete e otterrete, perché la vostra gioia sia piena” (Gv 16,24). La grazia della gioia è il frutto di una vita vissuta nella consapevolezza di essere figli che si consegnano con fiducia e si lasciano “formare” dall’amore di Dio Padre, che insegna a far festa e rallegrarsi per il ritorno di chi era perduto (cf. Lc 15,32); figli che vivono nel timore del Signore, come insegnano i sapienti di Israele: «Il timore del Signore allieta il cuore e dà contentezza, gioia e lunga vita» (Sir 1,10). Ancora, è l’esito di un’esistenza “cristica”, abitata dallo stesso sentire di Gesù, secondo le parole dell’Apostolo: «Abbiate in voi gli stessi sentimenti di Cristo Gesù», che si è fatto servo per amore (cf. Fil 2,5-6). Timore del Signore e servizio reso a Dio e ai fratelli al modo di Gesù sono i poli di un’esistenza che diviene Vangelo della vita, buona notizia,
capace di portare la gioia grande, che è di tutto il popolo (cf. Lc 2,10-13).

l Il lessico nuovo della relazione
I segni di una cultura chiusa all’incontro, avverte il Santo Padre, gridano nella ricerca esasperata di interessi personali o di parte, nelle aggressioni contro le donne, nell’indifferenza verso i poveri e i migranti, nelle violenze contro la vita dei bambini sin dal concepimento e degli anziani segnati da un’estrema fragilità. Egli ricorda che solo una comunità dal respiro evangelico è capace di trasformare la realtà e guarire dal dramma dell’aborto e dell’eutanasia; una comunità che sa farsi “samaritana” chinandosi sulla storia umana lacerata, ferita, scoraggiata; una comunità che con il salmista riconosce: «Mi indicherai il sentiero della vita, gioia piena alla tua presenza, dolcezza senza fine alla tua destra» (Sal 16,11).

Di questa vita il mondo di oggi, spesso senza riconoscerlo, ha enorme bisogno per cui si aspetta dai cristiani l’annuncio della buona notizia per vincere la cultura della tristezza e dell’individualismo, che mina le basi di ogni relazione.
Punto iniziale per testimoniare il Vangelo della vita e della gioia è vivere con cuore grato la fatica dell’esistenza umana, senza ingenuità né illusorie autoreferenzialità. Il credente, divenuto discepolo del Regno, mentre impara a confrontarsi continuamente con le asprezze della storia, si interroga e cerca risposte di verità. In questo cammino di ricerca sperimenta che stare con il Maestro, rimanere con Lui (cf. Mc 3,14; Gv 1,39) lo conduce a gestire la realtà e a viverla bene, in modo sapiente, contando su una concezione delle relazioni non generica e temporanea, bensì cristianamente limpida e incisiva. La Chiesa intera e in essa le famiglie cristiane, che hanno appreso il lessico nuovo della relazione evangelica e fatto proprie le parole dell’accoglienza della vita, della gratuità e della generosità, del perdono reciproco e della misericordia, guardano alla gioia degli uomini perché il loro compito è annunciare la buona notizia, il Vangelo. Un annuncio dell’amore paterno e materno che sempre dà vita, che contagia gioia e vince ogni tristezza.